LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 5
15 novembre 2015 – 33ª domenica Tempo Ordinario
Ciclo liturgico: anno B
Vegliate in ogni momento pregando,
perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.
Marco 13,24-32 (Dn 12,1-3 - Sal 15 - Eb 10,11-14)
O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno.
Spunti per la riflessione
Altrove
Questa pagina su cui oggi meditiamo è un vero balsamo per la nostra fede messa a dura prova.
Siamo come sballottati dalle tante notizie che ci giungono e che ci spaventano: folle di disperati premono alle porte dell’Europa per trovare accoglienza e rifugio dalla guerra che, invece di diminuire, contagia un paese dopo l’altro; la finanza mondiale, che ormai ha in mano il destino di intere nazioni, pensa solo ad arricchirsi a scapito delle future generazioni; anche nella Chiesa soffiano venti di divisione e di discordia: a Sinodo finito molti passano il tempo a litigare e ad esasperare le posizioni invece di gioire di quanto lo Spirito ha suscitato in queste settimane…
Dobbiamo anche noi cedere alla disperazione? O lasciare che la sindrome della lamentazione cosmica distrugga il nostro ottimismo? Ammettere la sconfitta e lasciare che le tenebre prevalgano, che le nostre memorie cristiane siano ridicolizzate da altre tradizioni (penso alla dilagante ed inquietante festa di Halloween)?
No certo, Marco, prima di salutarci, ancora ci incoraggia.
Declino
La sua comunità è in grave difficoltà: L’Impero romano attraversa una crisi profonda, sembra essere in dissoluzione. La situazione è molto simile a quella che stiamo vivendo, di fine impero, di passaggio. Alcuni esegeti sostengono addirittura che Marco abbia riaperto la sua opera conclusa per inserirvi un capitolo nuovo, il tredicesimo, nato proprio per rassicurare i discepoli.
Il linguaggio è quello in uso all’epoca di Gesù, fatto di immagini enigmatiche e di iperboli, non da prendere alla lettera ma da interpretare correttamente. Ed è un messaggio di speranza che non spaventa ma rassicura: cadono le stelle, cioè gli astri venerati dalle religioni pagane.
Non si parla della fine del mondo ma del declino del paganesimo, di una fede che vede negli astri una minaccia o una divinità. Cade l’Impero, certo, ma cade anche una visione superficiale e superstiziosa di vedere Dio.
La piccola fede cristiana è protetta dal suo Signore, non ha nulla da temere.
Anche noi, a volte, sentiamo che la fede che abbiamo conosciuto e in cui siamo rinati, la visione nuova di noi stessi e della vita che ci ha incoraggiati e convinti a spendere la nostra vita per il Vangelo, dando una mano in parrocchia, imparando a pregare, mettendoci a servizio gli uni degli altri, è messa ai margini.
La fede c’è ancora, certo, ma spesso superficiale ed emotiva, piccina e mondana, litigiosa e partigiana.
E aggredita e assediata da modi altri di vedere il cristianesimo, spesso come una minaccia o l’ingombrante retaggio di un passato da superare.
Confidiamo fiduciosi, dice Marco, ciò che crolla sono gli astri.
Anche nella nostra fede, ciò che crolla è ciò che abbiamo aggiunto, spesso allontanandoci dal Vangelo o, addirittura, tradendolo.
Crolli l’inutile. Resti l’essenziale e il vero.
E se tutto ciò che abbiamo vissuto, l’amore immenso che abbiamo sperimentato e messo nelle nostre azioni fosse pensato per affrontare ora questa tenebra e non cedere allo scoraggiamento? Di più.
Angeli
Gli angeli arrivano dai quattro punti cardinali per radunare i discepoli.
E ne conosco tanti, anche più di quattro. Uomini e donne che vivono nella profezia (papa Francesco e i suoi predecessori, in primis), che incoraggiano, radunano, motivano, soccorrono. Tanti che precedono e suscitano la venuta del Figlio dell’uomo, del Messia in cui abbiamo creduto e che, certo, tornerà nella gloria.
Angeli che incontriamo ogni giorno, ogni domenica, che radunano, invece di disperdere, che costruiscono, invece di demolire. Angeli che colmano.
Calma e gesso
Quando accadrà? Quando vedremo il Signore tornare? Quando il cupo dissolversi del mondo approderà alla gloria e alla definitiva manifestazione di Dio?
Non lo sappiamo, non possiamo saperlo, non dobbiamo saperlo.
Solo possiamo guardare al fico, l’ultimo albero a mettere le foglie, appena prima dell’estate.
Il fico, nella Scrittura, richiama sempre alla Parola, alla Scrittura che è dolce al palato proprio come il frutto del fico. E Gesù richiama tutti ad accogliere la Parola che dimora, che resiste.
E noi, qui, dopo duemila anni, ancora scrutiamo la Parola, la assaporiamo, ce ne stupiamo, lasciamo che invada i nostri cuori, che invada le nostre menti.
Questa resta, frutto dolce al nostro palato, che dimora e ci illumina, che ci incoraggia e ci sprona, che ci rasserena e motiva, che ci accompagna per farci volare in alto e vedere.
Vedere l’opera di Dio che manifesta, inesorabile, nel dispiegamento del caos.
Altrove
Gesù ci ammonisce: la costruzione del Regno non è necessariamente semplice, non è un passaggio di gloria in gloria, essere travolti dal Vangelo ed iniziare il cammino di discepolato significa porsi in un atteggiamento di cambiamento perpetuo, di fatica nell’affrontare le contraddizioni del sé e del mondo. Il Regno subisce violenza, non si manifesta con adunate oceaniche e opere mirabolanti.
Nel segno della contraddizione, della fatica si esplica il Regno, fra il già e il non ancora, allontanandoci dalla logica manageriale del successo misurabile che – ahimè – a volte si insinua anche nella logica ecclesiale.
Gli angeli radunano i discepoli dai quattro angoli della terra, coloro che affrontano con serenità la costruzione del Regno vengono radunati e sostenuti. Solo la Parola e la certezza di avere sperimentato Dio o di averne intuita la presenza ci fanno andare avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
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L’Autore
Paolo Curtaz
Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).
Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).
Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.
Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.
Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.
Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.
Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.
Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.
Esegesi Biblica
MANIFESTAZIONE GLORIOSA DEL FIGLIO DELL’UOMO (13, 24-37)
Questa sezione è una descrizione che trascende le dimensioni storiche della distruzione di Gerusalemme, e usa quasi completamente immagini veterotestamentarie.
Il discorso escatologico non riguarda esclusivamente “l’escaton” (la fine dei tempi), ma termina con una serie di detti e parabole esortanti alla vigilanza.
In questa sezione la serie comprende la parabola del fico (28-29), due detti sulla caducità del mondo (30-31), due detti sull’ora (32-33), la parabola dei servi e del padrone partito per un viaggio (34-36) e l’esortazione finale alla vigilanza (37): La serie è in gran parte concatenata mediante parole-richiamo.
“In quei giorni”: un’espressione priva di qualsiasi associazione ben precisa (v. 1,9; 8,1).
“Dopo quella tribolazione”: la “grande tribolazione” degli scritti apocalittici e veterotestamentari.
“Il sole si oscurerà”: sono qui incorporati motivi veterotestamentari: Is. 13,10; 34,4; Ez. 32,7-8; Amos 8,9; Gioele 2,10. Sono immagini che simboleggiano il giudizio pronunciato da Dio nei confronti di coloro che vengono colpiti da queste calamità.
“Il Figlio dell’uomo venire sulle nubi”: questa è l’asserzione principale della sezione: la visione del Figlio dell’uomo. È quasi certo che questo versetto riflette Dan. 7,13; implicitamente vi si afferma il ritorno del Figlio dell’uomo che viene a ereditare il suo regno.
“Quando vedrete accadere queste cose”: nel contesto marciano “queste cose” vanno riferite a tutto quanto è venuto prima e non semplicemente all’ultima sezione.
“Non passerà questa generazione”: l’evangelista sta pensando non semplicemente a una possibile distruzione di Gerusalemme ma al ritorno del Figlio dell’uomo nella potenza e nella gloria, evento a cui dovrà assistere la sua generazione.
“Quanto poi a quel giorno nessuno sa nulla”: questa asserzione è essenziale per l’esortazione alla vigilanza. Soggiacente all’affermazione è l’immagine veterotestamentaria del giorno di Jahwè (Am. 5, 18-20; Is. 2,12; Ger. 46,10).
“Neppure il Figlio”: la ragione è che Gesù nella cristologia marciana è soltanto il Figlio; egli non è il Padre, il quale indubbiamente conosce quel giorno. Non si dovrebbe qui cercare di dare una spiegazione esauriente ricorrendo alla conoscenza comunicativa che Gesù (il Figlio) ha della sua missione; tale distinzione non ha alcun fondamento nel testo, ma è soltanto il frutto di una visuale che non è quella dell’evangelista.